Intervista a Shanghai Express
DOMANDA: Sono passati 26 anni da quando tentava di dare forza e credibilità al giallo italiano fondando l’associazione Sigma. Che effetto le fa la realtà attuale del noir in Italia?
RISPOSTA:
In realtà ne sono passati 32 di anni, perché la mia battaglia contro gli editori miopi e la critica stupida è cominciata nel 1974. E poi non c’è stato solo il Sigma (1980, Scrittori Italiani del Giallo e del Mistero Associati). Ci sono stati il Gruppo 8 (1984), gli Autori Associati (1985), il Gruppo 13 (1990).
Oggi la cosa che mi fa più arrabbiare è proprio certa critica che si è accodata al successo del noir senza sapere nulla del noir. E questa ignoranza la si legge negli articoli che ormai riempiono giornali e riviste.
DOMANDA: In che cosa si è trasformato, che cosa ci racconta della realtà?
RISPOSTA:
Il noir si è trasformato in un affare per gli editori e ci racconta la realtà come al vedono e la ricevono i singoli scrittori. Succede con tutta la letteratura.
DOMANDA: Le è venuta voglia di veicolare attraverso il noir, altri contenuti rispetto a quando scriveva Cos’è accaduto alla signora perbene?
RISPOSTA:
Sì, mi piacerebbe raccontare la storia del Delinquente Universale che sta uccidendo il Mondo. Al suo confronto, i nostri piccoli crimini quotidiani fanno ridere.
DOMANDA: Perché ha sentito l’esigenza di un’introduzione alla riedizione del suddetto romanzo?
RISPOSTA:
Perché il lettore sappia, fin dalle prime pagine, primo, chi saranno i protagonisti; secondo, che la storia è del 1979. Così si renderà anche conto che passano gli anni, passano gli anni, passano gli anni…
DOMANDA: Come è cambiata la signora per bene, in tanti anni?
RISPOSTA:
È diventata una città qualunque, da isola felice che era. Non per colpa sua, naturalmente, che la città è come la vogliono gli uomini che l’abitano, la violentano, la sgretolano…
DOMANDA: Crede che le diverse anime politiche, la corruzione, l’ipocrisia che attraversano il romanzo dell’epoca siano storia o cronaca?
RISPOSTA:
Sono l’uno e l’altro. Allora, quando la vivevo, era cronaca. Oggi è storia. O almeno così io ho visto la corruzione e l’ipocrisia in quei giorni e la vedo ancora oggi.
DOMANDA: Chi è Rosas e che ruolo ha la sua interazione con l’ispettore Sarti?
RISPOSTA:
Mi pare sia riduttivo cercare di rendere in poche righe un personaggio letterario. Ho cercato di farlo nella prefazione all’edizione francese, su richiesta specifica del traduttore, ma non credo mi sia riuscito bene. Un personaggio lo si costruisce pagina dopo pagina, romanzo dopo romanzo.
DOMANDA: Nel romanzo, Bologna è la vera protagonista, con le contraddizioni che ne costituiscono il vero fascino. La ama sempre così tanto?
RISPOSTA:
Il mio rapporto con Bologna è cambiato. Continua a restare protagonista, ma il nostro rapporto non è più esclusivo. È una città qualunque e come tale va trattata e la tratto.
DOMANDA: Leggendo il suo libro, vi ho ritrovato tensione drammatica, un crescendo molto ben orchestrato, dei “veri” colpi di scena, quello che un lettore s’aspetta da un giallo, ciò che crea la sua dipendenza da esso, pur essendo l’intrigo un pretesto per raccontare altro. Crede di dover alla sua scrittura teatrale queste caratteristiche?
RISPOSTA:
Ne sono certo. Vengo dal teatro, ma nel teatro ho lasciato i piedi, le mani, il cuore e la testa.
DOMANDA: Le sembra che il noir abbia sempre rispecchiato l’attualità del paese dai tempidi Scerbanenco ai nostri giorni?
RISPOSTA:
Il noir ha rispettato e rispecchia l’attualità secondo la cultura, l’origine, la formazione politica e tutto i resto, di chi la descrive.
DOMANDA: Con l’ispettore Sarti e Poli Ugo i suoi romanzi sono entrati nel piccolo schermo: come ha vissuto quest’esperienza, vi ha collaborato attivamente?
RISPOSTA:
In modo drammatico all’inizio, quando mi sono accorto del massacro che i televisionari stavano facendo del mio lavoro. Senza nessuna conoscenza del romanzo, del suo tempo, del suo luogo e dei suoi personaggi. Poi mi sono adeguato e ho pensato: “Io sono responsabile dei miei romanzi…”
Nonostante questo, i molti film con Sarti Antonio che sono passati in Tv hanno avuto un successo incredibile. Si vede che la scatola maledetta ha un suo fascino che io non riesco ancora a percepire.
DOMANDA: Ha mai scritto una sceneggiatura?
RISPOSTA:
Sì, ma i film non hanno avuto il successo che hanno avuto quelli sceneggiati da altri. Mi consolo pensando che sono gli spettatori a non capire il mio lavoro.
DOMANDA: Nel ‘90 ha fondato con Fois e Lucarelli il “gruppo 13”: di che si tratta, di che cosa si occupa e come?
RISPOSTA:
La storia del Gruppo 13 è molto lunga e complessa e non la si può condensare in poche righe. Dirò solo che io solo certo (e sfido chiunque a contraddirmi) che il successo odierno del poliziesco italiano parte di là. Là ci sono le sue radici. Se ne sono dimenticati tutti, la critica prima di tutti, ma ante Gruppo 13, in Italia, c’era poco, quanto a romanzi noir. C’ero forse io, per motivi anagrafici, e un paio d’altri.
DOMANDA:Con Renzo Cremante avete messo su la rivista “Delitti di Carta”? Come funziona, è una rivista specializzata o può esser letta da un pubblico più ampio? Qual è il lettore tipo, se ce n’è uno? Qual è il ritorno che ne avete, dal punto di vista delle aspettative del lettore, del noir come termometro della realtà?
RISPOSTA:
L’idea che ha ispirato Delitti di Carta è stata quella di una rivista dedicata esclusivamente al poliziesco italiano. In questo senso è stata la prima e rimane la sola. Il secondo intento era quello di farne una rivista che fosse alla portata di tutti i lettori, dai più esigenti ai neofiti. Schede critiche e saggi, ma con un linguaggio accessibile, non dottorale.
Purtroppo, perché una rivista come DdC funzioni ci vogliono soldi da investire in pubblicità e noi e il nostro editore ne siamo scarsi.
RISPOSTA: Basta leggere una breve biografia di Macchiavelli per chiedersi che cosa gli resta da fare dopo il teatro, recitato e scritto, i romanzi, la televisione, la militanza nel genere noir, a parte quella politica. Le domando: che cosa ha voglia di fare, che cosa c’è ancora da fare?
RISPOSTA:
Ho voglia di scrivere. Qualcosa di nuovo, adesso, qualcosa che modifichi e aggiorni il noir, che sta morendo di afasia. Nel frattempo ho cominciato a scrivere il romanzo che ho sempre sognato di scrivere. Non interesserà nessuno, ma mi diverte.
DOMANDA: Le è venuta voglia di veicolare attraverso il noir, altri contenuti rispetto a quando scriveva Cos’è accaduto alla signora perbene?
RISPOSTA:
Sì, mi piacerebbe raccontare la storia del Delinquente Universale che sta uccidendo il Mondo. Al suo confronto, i nostri piccoli crimini quotidiani fanno ridere.
DOMANDA:Che cosa ha in mente quando parla del Delinquente Universale?
RISPOSTA:
Allora diciamo così: forse non ve ne siete accorti, troppo occupati con la televisione, con l’auto nuova, con il bimbo che sta per nascere, con i problemi del condominio, con la lettera di licenziamento che hanno appena impostato per voi, con l’aumento del peso nonostante la dieta che continuate a imporvi, con gli scarsi risultati della palestra, con la fame nel mondo, con l’indifferenza di chi vi sta attorno per i problemi della pace mentre voi sì, voi ve ne occupate. E poi, ancora, con il computer che non vi ascolta, con il cellulare che non prende, con la fidanzata in discoteca senza di voi, con le tasse che vi tolgono e non capite perché…
Non ve ne siete accorti, ma il mondo sta vivendo un mistero di proporzioni cosmiche, un giallo planetario nel quale nessuno sa non solo chi è l’ASSASSINO, come è normale in un giallo, ma quali e quante saranno le VITTIME.
Nel 1939 Bertolt Brecht ha scritto:
Davvero, vivo in tempi oscuri!
La parola sincera è follia. Una fronte distesa
vuol dire insensibilità. Chi ride,
la notizia atroce
non l’ha saputa ancora.
Da allora le cose sono peggiorate e oggi noi non possiamo neppure dire che la parola sincera è follia: semplicemente oggi la parola non esiste più. Ce la stanno rubando, stanno togliendo alle parole il loro significato e quando lo avranno fatto, potranno dirci quello che vogliono, tanto nessuno capirà più cosa stanno dicendo.
Dopo la colonizzazione dei territori, delle ideologie, degli stati… è arrivato il tempo della colonizzazione delle menti. Noi viviamo il tempo del crimine più odioso perché ci fa tutti partecipi dei grandi delitti che non servono a liberare un paese, ma a fare nuovi, moderni schiavi.
Oggi il dissenziente è diventato terrorista. Democrazia è il potere assoluto di un uomo che si dice sia stato democraticamente eletto. Le bombe non sono più oggetti di morte, ma esseri intelligenti che sanno chi e dove colpire. Non si dichiara più guerra: si esportano democrazia e libertà.
In una situazione come questa, è chiaro che LORO stanno tentando (e in parte ci sono già riusciti, basta vedere un po’ di Tv o leggere qualche giornale) di toglierci la parola e quindi la libertà. Io voglio che le parole continuino ad avere un senso.
LORO vogliono toglierci la memoria. IO voglio ricordare.
Quando in giro per il mondo ci sono uomini potenti che dichiarano: “Dobbiamo liberare il mondo dal diavolo. Di questo siamo certi. Né la morte né la vita né gli angeli né i principi né le cose presenti né le cose future, nemmeno le vette e gli abissi, ci separeranno da Dio. Possa egli benedire e guidare questo paese”.
Quando si piange e, nel contempo, si grida che dietro le nostre lacrime “c’è la ferrea volontà di vincere questa guerra. Vinceremo! ” “Vinceremo questa guerra, per noi e per tutti coloro che nel mondo credono nei valori della libertà, affinché gli assassini, i tiranni, i malvagi non ereditino la terra”, ebbene, la malattia è allo stadio finale. O meglio, l’assassino universale è ormai prossimo alla conclusione del suo delitto.
Anche Loro ci dicono che c’è un Delinquente Universale che ordisce, coordina e fa eseguire i più efferati crimini contro la Democrazia e il Mondo Libero. Va scoperto, arrestato e reso inoffensivo perché solo così avremo una società più civile e più giusta.
Ma chi sta assassinando chi? Il loro delinquente universale non è quello che, chi non è cieco e sordo, ha individuato. E siamo noi che dobbiamo renderlo inoffensivo.
Ma c’è un problema: nella voluta confusione dei ruoli, giudice, delinquente e carnefice sono diventati la stessa persona. E allora non c’è più speranza perché, potrà mai l’investigatore, che è anche assassino e assassinato, arrestare, giudicare e punire se stesso?
È il momento del coraggio: il coraggio di non accettare più le norme, la consuetudine, le leggi di secoli. È il momento per un nuovo pensiero e una nuova cultura perché il vecchio pensiero e la vecchia cultura ci stanno ingannando…
Non so cosa abbiate capito, ma le cose stanno pressappoco così: in tutto questo movimento cosmico di assassini e assassinati, è arrivato il momento per una nuova letteratura gialla. Forse l’ho presa un po’ troppo alla lontana.
DOMANDA: Può aggiungere qualcosa sugli obbiettivi che il gruppo 13 si poneva e si pone e sulla strategia e la politica che avete perseguito per raggiungere gli scopi prefissi?
RISPOSTA (prenda quello che serve):
Si tratta di un gruppo di scrittori (molti dei quali all’epoca della nascita del Gruppo erano sconosciuto e non avevano ancora pubblicato) che avevano interessi letterari in comune: il genere poliziesco. Ognuno di loro aveva proprie idee sul genere e un proprio stile. Il Gruppo è nato per pubblicizzare, per fare attività promozionale, per cercare di presentare delle proposte credibili agli editori… insomma, per unire forze capaci di trainare il genere nella direzione giusta.
Ci siamo riusciti. Dal “Gruppo 13” sono usciti scrittori come Carlo Lucarelli, Marcello Fois, Danila Comastri Montanari, Pino Cacucci, Sandro Toni, Gian Piero Rigosi e tanti altri che si stanno imponendo ancora oggi.
Il Gruppo 13 nasce nel 1990 a Bologna (forse perché all’epoca a Bologna c’è l’unico autore che si dia da fare per promuovere il giallo italiano, e cioè io) per iniziativa di Carlo Lucarelli e del sottoscritto. All’inizio è costituito dagli scrittori Pino Cacucci, Massimo Carloni, Nicola Ciccoli, Danila Comastri Montanari, Marcello Fois, Carlo Lucarelli, Lorenzo Marzaduri, Loriano Macchiavelli, Gianni Materazzo, Sandro Toni e da due illustratori: Claudio Lanzoni e Mannes Laffi. Come vedi, 12 in tutto.
Il G 13 non si propone come una scuola di scrittura, ma come punto d’incontro e di scambio culturale e intellettuale fra scrittori e illustratori che operano e vivono nell’area emiliano-romagnola e in particolare bolognese per promuovere con iniziative la conoscenza del genere, sollecitando e aiutando gli esordienti.
Il Gruppo poi aumenta con l’adesione di Eraldo Baldini, Giampiero Rigosi, Franco Foschi, Mario Coloretti e altri, mentre alcuni rinunciano o prendono altre strade come i due disegnatori.
Il primo lavoro comune che appare in libreria è I delitti del Gruppo 13, Metrolibri, 1991, una raccolta di racconti (tradotta poi anche in Francia) e nella quarta di copertina appare la seguente scritta:
“Il crimine dilaga a Bologna. Echeggiano gli spari sotto i portici, si muore all’ombra delle torri. E Marlowe parla ormai con accento emiliano. Sarà un caso che a Bologna e dintorni oggi proliferino gli scrittori di giallo? Sono tanti, agguerriti, organizzati. Hanno perfino creato un sodalizio: il Gruppo 13, cui aderiscono dieci scrittori e due illustratori. Di loro questa antologia rappresenta il primo impegno collettivo: dieci racconti inediti, tutti avvincenti, tutti illustrati. Cosa unisce questi autori, oltre alla bolognesità e all’indiscutibile talento? Sicuramente il clima culturale comune: quello di una città prolifica e vivace che ha già saputo esprimere fenomeni importanti come una grande scuola di fumetto. Alla quale, per inciso, appartengono i magnifici illustratori dei racconti qui proposti.”
Nel 1992 esce una raccolta di dieci racconti (Stampa Alternativa) dove ognuno degli autori del Gruppo 13 presenta, oltre a un proprio racconto, il racconto di un esordiente (altri dieci racconti, quindi). Alcuni esordienti faranno strada.
Oggi gli autori del Gruppo 13 possono dire di aver dato un contributo indispensabile alla attuale situazione di ricchezza del giallo italiano.
DOMANDA: i due romanzi che sono stati sinora tradotti in Francia sono ambientati nella stessa città, con gli stessi protagonisti, lo stesso groviglio indissolubile di politica (i comunisti piuttosto), chiesa, appalti. ecc. Qual è il sentimento che lei prova verso i due? Come li descriverebbe?
RISPOSTA:
Tutta la lunga serie di Sarti Antonio ha quelle caratteristiche. Naturalmente ho scritto anche altri romanzi dove il sergente non c’è e dove non c’è Bologna. Ma in tutta la mia produzione, credo, entra il groviglio politica società, con tutte le implicazioni, che non sono solo comunismo chiesa appalti, ma la vita in tutte le sue espressioni.
Io mi sono nutrito di una cultura (facevo teatro) che era fondata sulla politica intesa come servizio sociale. Capisco che adesso faccia ridere. Da questo tipo di cultura è chiaro che la mia attività di scrittore non può che essere indirizzata verso la divulgazione di idee, sentimenti, utopie: al lettore, all’ascoltatore, allo spettatore, all’osservatore, al critico…
Idee che saranno anche sbagliate, ma che sono da discutere. Oggi (e anche ieri, da una certa data in poi) le idee si impongono. E chi non le condivide, è il nemico. Quando non il terrorista.
Per questo non sono mai stato molto amato nella mia città. In passato, oggi mi vogliono bene anche a Bologna e mi leggono. C’è qualcosa che non va nel mio lavoro?
DOMANDA: Il sergente Sarti è invecchiato anche lui di trent’anni?
RISPOSTA:
Certo: È invecchiata Bologna, sono invecchiati i politici della mia generazione, sono invecchiati i costumi e, quello che è più tragico, sono invecchiato io.
Sarti Antonio che fa? Resta sempre giovane? Non ci sto.
DOMANDA: Settanta anni fa Tito Spagnol si poneva, in Italia, il problema della credibilità sia del personaggio che conduce l’inchiesta, sia dello svolgersi della stessa data la struttura del nostro sistema giudiziario. Attualmente lo stato dello stesso pare ai limiti del collasso e la realtà dei casi “risolti” irrisoria. Le sembra che da questo punto di vista il noir italiano abbia in generale rafforzato la sua credibilità sul territorio?
RISPOSTA:
Premetto che la struttura del sistema giudiziario non dovrebbe alterare la potenza di un romanzo. Anzi, più e carente, più è repressiva, meglio il noir la può esaminare, mettere a nudo, azzannarla…
È proprio dai guai della società che il noir dovrebbe trarre la sua potenza. E l’ha tratta, per un certo tempo. Adesso si sta adeguando, non solo allo stato della società, ma addirittura allo stato del sistema giudiziario. E non mi piace più.
Come può un magistrato scrivere un noir che metta in rilievo (e che denunci) la crisi della giustizia in tutti i suoi aspetti (dall’infallibilità del sistema all’oppressione e alla repressione), se è lui stesso, magistrato, il puntello di quella giustizia? Idem per un poliziotto.
C’è qualcosa che non torna, cari miei, e dovremmo rifletterci su un poco. Sul nostro lavoro e su quello di scrittori di noir dei magistrati e dei poliziotti. E vi assicuro, sul mio onore, che non è rivalità di collega scrittore. Ci mancherebbe anche questa.
DOMANDA: Sempre facendo paragoni con il passato (il giallo all’epoca del fascismo), le sembra che il noir si sia fatto influenzare in questi ultimi anni, dalle diverse correnti politiche in auge?
RISPOSTA:
Un poco sì. In letteratura meno, in televisione totalmente.
DOMANDA:Quali classici del genere poliziesco consiglierebbe a chi avesse voglia di scrivere dei noir? Quali “nuovi” scrittori?
RISPOSTA:
La letteratura è una questione personale, come il cinema. Quante volte ho detto a un amico di andare a vedere un film che ritenevo bello e quello, poi, mi ha tolto il saluto. Comunque, a mio parere, i classici vanno letti tutti. Sui nuovi non mi pronuncio perché sono tutti miei amici. E voglio conservarli.
DOMANDA: Quale scrittore le sembra attualmente incarnare maggiormente le caratteristiche cardine del noir.
RISPOSTA:
Allora volete proprio che mi tolgano il saluto tutti? Meno quello che dovrei scrivere qui? Mi appello al diritto di non rispondere.
loriano macchiavelli
montombraro, 14 ottobre 2006