La tesi di Marie

La tesi di Marie

Non è il primo caso e non sarà l’ultimo. Molti studenti italiani e stranieri di letteratura hanno interpellato Loriano Macchiavelli per fare dei suoi libri oggetto della loro Tesi di Laurea.
Il 31 agosto 2011 Loriano Macchiavelli ha risposto alle domande inviategli da una studentessa francese, Marie Petureau, impegnata a svolgere una tesi di laurea sul libro

Bologne,  ville à vendre (Métailié, 2006) – libro di Loriano Macchiavelli tradotto in francese dall’originale Cos’è accaduto alla signora perbene ? (Einaudi, 2006).
Quel romanzo era stato pubblicato inizialmente come inedito, inserito nell’omnibus Sarti Antonio, un questurino e una città (Garzanti Vallardi, 1979).
L’omnibus conteneneva i tre romanzi editi: Fiori alla memoriaOmbre sotto i porticiSui colli all’alba e – appunto – l’inedito dal titolo: Cos’è accaduto alla signora perbene?
Trovate interessanti le domande e i temi trattati, Loriano Macchiavelli ha deciso la pubblicazione di quella breve ma sagace intervista.
Ne rendiamo noto il contenuto ai lettori con un grazie e un “in bocca al lupo” a Marie.

Risposte di Loriano Macchiavelli alle domande di Marie Petureau.

Domanda: Per Lei, qual è il ruolo dell’autore di fronte agli anni di piombo?

Risposta:
Prima di rispondere, faccio una precisazione di carattere generale sulla scrittura, che poi è la mia visione del romanzo in genere e del romanzo di genere (noir, rosa, fantasy, fantascienza …).
Io penso che il valore letterario di un romanzo sia la sua possibilità di rappresentare il tempo nel quale si svolge. Lo deve fare con la potenza letteraria di cui ha bisogno e con il plot necessario a interessare il lettore. Non è solo una mia convinzione. Basta leggere i classici e ci rendiamo conto di come i grandi autori abbiano “raccontato” il mondo nel quale vivevano o nel quale avevano ambientato i loro romanzi. In questo senso il noir ha una tradizione che nasce con la sua stessa nascita e si sviluppa al passo con lo svilupparsi della società. Anzi, spesso precedendo i mutamenti della società. Precisa peculiarità del noir, quest’ultima.
Tenendo presente questi presupposti, io ritengo che il ruolo dell’autore, in generale e non solo per gli anni di piombo, dovrebbe essere di interprete degli avvenimenti. Un interprete che a volte è stato testimone e a volte ha studiato, indagato, analizzato e infine giudicato (alla luce degli indizi) gli avvenimenti in modo da dare al lettore, con la scrittura (con il racconto) una spiegazione per lo meno logica, se non proprio credibile. Secondo questa mia idea del romanzo, gli avvenimenti che hanno contraddistinto gli anni di piombo non fanno eccezione.

Domanda: Sarti Antonio fa l’ispettore, quindi possiamo pensare che si è inserito nella società, ma tutto sembra marginalizzare il personaggio, il suo modo di vita come le sue frequentazioni. Perché?

Risposta:
Nella nostra società, nella nostra vita, pochi sono coloro che non vengono confinati ai margini. Raccontare un  personaggio emarginato vuol dire, sempre secondo la mia idea di romanzo, raccontare la quasi totalità dell’umanità. Gli altri, i non emarginati, quelli che emarginano, non voglio raccontarli: si raccontano da soli. Ecco allora che Sarti Antonio si troverà circondato da personaggi come lui emarginati e da altri che si credono non emarginati, ma che in realtà lo sono esattamente come lo è lui. Per la seconda categoria, un sol nome: Raimondi Cesare, il suo capo.

Domanda: Perché il romanzo è ambientato alla fine degli anni di piombo?

Risposta:
Il mio primo romanzo (Le piste dell’attentato) è uscito in libreria nel 1974 e Cos’è accaduto alla signora perbene nel 1979; non eravamo ancora alla fine degli anni chiamati di piombo. Anzi, ricordo che la Strage di Bologna è avvenuta nel 1980. I successivi romanzi li ho scritti mentre quegli anni, che vorrei fossero ricordati come di sangue più che di piombo, stavano sviluppandosi sotto i nostri occhi e la nostra coscienza. Sporca. Ognuno di quei romanzi è un brandello di memoria che trasmetto al lettore giovane, che quegli anni non li può neppure immaginare, e ai lettori che hanno vissuto quel periodo, perché non lo dimentichino. Li ho scritti in quegli anni, e per quegli anni, intanto perché di quel periodo sono stato testimone e poi perché, al momento dello svolgersi di quegli avvenimenti, avevo la sensazione che fossero epocali e tali da condizionare il mio (e nostro) futuro.

Domanda: Sarti Antonio può essere considerato come l’italiano medio di questi anni?

Risposta:
Per la verità, non so esattamente cosa significhi italiano medio. Secondo me non esiste proprio la categoria. Diciamo che Sarti Antonio potrebbe essere uno di noi, uno qualsiasi, senza particolari doti o particolari difetti, senza eroismi (ne abbiamo, o meglio, io ne ho  piene le tasche di eroi) e senza la vigliaccheria delle classi servili le quali si adattano a tutto. Come sta accadendo oggi. Sarti Antonio è l’italiano medio di quegli anni? Non lo so. So che, dopo quegli anni, ho fatto di tutto perché continuasse a essere uno di noi negli altri anni, in quelli che sono venuti dopo, che viviamo oggi e che collaboriamo a far diventare ciò che sono e saranno.

Domanda: Secondo me, un autore non scrive della stessa maniera quando ha vissuto il periodo storico, per esempio oggi se un autore scrive sulla seconda guerra mondiale non c’è la carica della testimonianza e della memoria personale che un autore contemporaneo ai fatti avrebbe. Quindi, quando Lei ha scritto Cos’è accaduto alla signora Perbene? Si è ispirato prima del suo vissuto o della Storia ufficiale.

Risposta:
Non sono dello stesso parere. Lo scrittore, per essere tale, sempre secondo l’idea che ho io dello scrittore (idea che non deve essere condivisa), trasforma gli avvenimenti ai quali sta assistendo, in una storia da raccontare e quindi, già nel loro svolgersi, li fa “racconto” e quindi falsità. Naturalmente sempre che gli avvenimenti stessi lo abbiano colpito tanto da volerli trasformare, appunto, in “racconto”. Se non lo fa, se non trasforma la realtà in racconto, non è scrittore. Potrà essere un ottimo giornalista.

Domanda: Qual è il movimento della scrittura? Partire della propria memoria per andare verso la collettività o il contrario?

Risposta:
A volte l’uno a volte l’altro. Per esempio, se assisto a un avvenimento che stimola la mia fantasia, ecco che il movimento dell’invenzione parte dal collettivo. Se dopo alcuni mesi, alcuni anni, ricordo quello stesso avvenimento, allora è la memoria che muove il racconto. Non credo ci sia una regola fissa. D‘altra parte, la fantasia odia le regole. Non le può adottare proprio perché è fantasia.

 Loriano Macchiavelli
Montombraro, 31 agosto 2011

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Sito ufficiale di Loriano Macchiavelli, scrittore