L’articolo 11 della nostra Costituzione avverte noi tutti, cittadini qualsiasi, che “L’Italia ripudia la guerra”. L’avvertimento è rivolto in particolare agli eletti poiché sono coloro che potrebbero trovarsi nella condizione di fare una scelta.
Più che un avvertimento, è un ordine. Perentorio. Significa che l’Italia non solo rifiuta la guerra come strumento di offesa e risoluzione delle controversie internazionali. La abomina, l’aborre, la detesta, la disdegna, la disprezzare, la odia, la rifugge, le si oppone, la respinge.
Solo un ignorante presuntuoso stupido, consciamente e pervicacemente in malafede, può cercare cavilli per non attenersi a un ordine tanto chiaro, preciso, non altrimenti interpretabile. Può illudersi che esistano scappatoie per eludere il comandamento.
Nessun politico degno di questa qualifica, eletto o con impegno che preveda il giuramento del rispetto della Costituzione, può venir meno a tale imposizione. Se lo fa, noi tutti dovremmo avere gli strumenti per esautorarlo dal suo ruolo istituzionale.
Nell’attesa (1999) abbiamo bombardato Belgrado: D’Alema premier, Mattarella vice premier.
Aspettando il seguito, timidamente vi saluta,
il macchia
che conta come il due di bastoni quando briscola è coppe, ma vuol dire la sua.