Sarti Antonio, sergente.
Come i miei numerosi e affezionati lettori sanno, Sarti Antonio, sergente, è morto il 3 aprile 1987. Quello che non sanno è che l’ho ucciso io. Erano le 15 e 30 e il suo cadavere era sul mio tavolo da lavoro, la testa fracassata da una pallottola di P38. E come potevo uccidere un dannato questurino nato negli anni feroci della P38 se non con una P38? La fine che meritava.
Dal 1974 aveva viaggiato nelle pagine di chissà quanti romanzi e racconti, si era guadagnato la simpatia e la stima (o solo la comprensione?) di tantissimi lettori in Italia e fuori, molti dei quali sono convinti di averlo incontrato per strada almeno una volta. Nelle università era entrato nelle tesi di laurea e nelle scuole medie si era fatto un sacco di amici. Insomma, le cose gli andavano bene. E andavano bene anche a me. Allora perché ammazzarlo? Perché compiere l’estremo atto, il più odioso che un autore possa compiere sul proprio personaggio?
Ho ammazzato Sarti Antonio perché non lo sopportavo più, perché sono riusciti a farmelo odiare, perché mi hanno fatto capire il grande divario fra lui e i suoi colleghi stranieri e infine perché turbava i sonni infantili della critica specializzata di casa nostra.
In realtà è stata la critica a premere il grilletto e io gliene sono grato. La critica l’aveva aiutato a nascere e la critica lo ha ucciso.
Nel nostro paese un protagonista del genere poliziesco non può sopravvivere a lungo al costante, puntiglioso, perfido attacco che gli viene mosso. Al continuo odioso confronto con i colleghi di altri paesi. Da noi Maigret non sarebbe andato oltre il quarto libro. Non per demerito del suo autore. Qualche astuto commercialista della carta stampata avrebbe cominciato ad eccepire che la pipa del commissario, i troppi bicchierini di calvados, le abbondanti chiacchiere con le portinaie, la monotona vita familiare assieme alla monotona signora Maigret e chissà dio che altro, erano troppo ripetitivi e annoiavano così come lo squallido teatrino delle comparse.
Ho avuto la sensazione della decretata fine del mio questurino nel momento in cui ho letto che la colite di origine nervosa e i troppi caffè bevuti durante la giornata erano esagerati e che Sarti Antonio altri non era che la macchietta di un neorealismo letterario in ritardo. Ho avuto la certezza che sarebbe morto quando ho letto su un giornale specializzato che gli autori italiani del genere dovrebbero essere più attenti ai classici stranieri e cercare di imitarli per dare un prodotto decoroso.
A queste condizioni non ci sto, a queste condizioni Sarti Antonio deve morire. Va bene, spariamogli in testa e così sia.
Per questa morte, un solo necrologio: “Il sergente colitico Antonio Sarti finalmente sparisce, muore ammazzato all’ultima pagina, e con lui speriamo spariscano anche gli altri piccoli attori che lo circondano (…) nel teatrino delle solite commedie provinciali”.
Grazie delle gentili parole, amico critico. È stato un buon funerale per un eroe di Bologna, provincia dell’impero.
Ma quasi per un beffardo disegno del destino, ecco che l’immagine di Sarti Antonio, sergente, si riaffaccia. Dallo schermo televisivo di Raidue e per tredici telefilm, sorriderà, s’incazzerà, berrà caffè, soffrirà per le incomprensioni e il malcostume dei nostri giorni. Che, se non sbaglio, sono anche i nostri.
Non è che l’avvenimento mi sia particolarmente gradito, ma questo è un argomento che preferisco tralasciare per non essere eternamente polemico. Fra il mio “questurino” di carta e il loro “poliziotto” televisivo, giudicheranno i lettori-spettatori.
La presente raccolta non è dunque la resurrezione di Sarti Antonio, sergente, il quale è finalmente crepato per la gioia di chi non l’ha capito e non l’ha amato. Si tratta di cinque dei tredici racconti che sono serviti di base agli sceneggiatori televisivi per il loro lavoro. Racconti che il 3 aprile 1987 erano già scritti e in attesa di pubblicazione.
LORIANO MACCHIAVELLIPrefazione al libro: Un poliziotto una città – Rizzoli, 1991
Buon pomeriggio, sono appena tornata dalla biblioteca comunale con un suo libro “33 indagini per Sarti Antonio” e volevo dirle che una delle ragioni per cui amo i suoi libri è la descrizione della città così intima e a volte spietata…è diventata peggio di prima proprio come Sarti sembrava temere . Ho letto molti suoi libri e li ho amati tutti. Spero di riuscire a leggere tutto ciò che lei ha scritto prima di morire
Grazie mille e non si curi delle critiche
Vanna
Carissima Vanna, a te buon serata.
Grazie per le lodi, che fanno sempre piacere. Quanto a leggere tutti i miei romanzi, ti annuncio che, oltre a quelli già pubblicati, ne ho in mente una quantità. Per cui, teniamo botta e andiamo avanti. Io a scrivere, tu a leggere. Vediamo chi si stanca prima.
Per le critiche, ogni tanto fanno bene, ma con parsimonia, mi raccomando, amici lettori.
Un abbraccio a Vanna e a tutti quelli che mi vogliono bene.
macchia
Buonasera Loriano,
Ancora un libro ed avrò finito la serie su Sarti Antonio. Sto leggendo lentamente, poche pagine al giorno perché so già che mi mancheranno tantissimo Antonio, Rosas, la Biondina ed anche l’archivista… ma in realtà mi mancheranno anche tutti gli altri, non li sto ad elencare. Grazie, mi sono molto divertita, ho sofferto, ho conosciuto ancora di più la mia Bologna ma, soprattutto, ho trovato personaggi che la vivono ,nel bene e nel male, come la vivo io e mi sono sentita complice ed in sintonia con loro. Complimenti anche per la sua scrittura e le trame mai banali, erano anni che non divoravo libri come ho fatto con lei. Un abbraccio, Barbara.
Buon giorno a te, Barbara.
Grazie per le tue parole. Per me sono un buon viatico per l’anno appena iniziato. Persone come te, aiutano ad andare avanti.
Un abbraccio affettuoso da me e dalla mia compagnia della malora.
macchia
Buon giorno Loriano , sono stato rapito e risucchiato in un vortice che mi ha portato indietro nel tempo negli anni 70 con Sarti Antonio , nei suoi gialli ho trovato quello che ho cercato per tanto tempo .Quando un libro ti rimane attaccato alle mani e non riesci a poggiarlo e cerchi ogni minuto libero per leggere vuol dire secondo me che l’autore è riuscito a trasmettere emozioni e questo è quello che mi succede quando leggo i suoi libri. Continuerò a leggere con la testa e con il cuore …grazie di avermi fatto riavvicinare alla lettura dopo molto tempo….
Caro Andrea 24573,
mi porterò dietro la tua email per molto tempo. Aver riportato una persona alla lettura è la cosa più bella per uno scrittore.
Grazie.
loriano
Una curiosità:perché a Sarti è attribuito il grado/qualifica di “sergente ” che nella Polizia non esiste e non è mai esistito?
Un giallista non può ignorare questo particolare e,sicuramente c’è una ragione, quale?
Infatti quando il personaggio è nato era brigadiere, poi nella serie tv,ispettore,il che è verosimile (concorso interno?) ma “sergente”,scusate,non si può sentire perché viene meno la verosimiglianza del racconto.
Hai ragione, Giampaolo: il grado di sergente non è mai esistito nella polizia italiana. Ma neppure Sarti Antonio, il mio Sarti Antonio, non è mai esistito. Proprio perché non esiste ho pensato che gli stesse bene un grado inesistente. E questa è una ragione. La seconda: vorrei che i lettori, mentre leggono il romanzo, tenessero presente che stiamo viaggiando nella fantasia, luogo nel quale tutto è possibile. Ci sono molte altre cose e altri avvenimenti nei miei romanzi che non sono verosimili. Ne cito alcuni. La procedura: Sarti Antonio (e il sottoscritto) non ne tiene mai conto e si potrebbe sostenere che agisce in maniera illegale. Ancora: la voce fuori campo che commenta e dialoga con Sarti Antonio e solo con lui: è un personaggio o è il questurino che parla da solo e si risponde? Tutto questo e altro ancora appartiene alla fantasia, poiché io sono un romanziere e non un giornalista e pertanto, in virtù di una legge mai scritta ma che spero sarà sempre in vigore, il romanziere inventa. Serve per dividere il mondo reale dal mondo inventato. Spero di averti convinto. Ciao.
macchia
La Sua risposta è simile a quella che diede Hitchcock a chi gli rimproverava la mancanza di verosimiglianza nei suoi film.
Lui sosteneva di fare intrattenimento e non documentari,per cui non era necessaria l’aderenza alla realtà (e mia moglie concorda sia con Lei che con il regista),ma io,invece,proprio perché intendo immergermi nella finzione (magari identificandomi nel protagonista), ho bisogno per farlo,di trovare contatto con il reale(guai se in un film vedo un’auto ancora non esistente all’epoca dei fatti narrati o altri particolari apocrifi)
Comunque continuerò a leggere Sarti e non solo..fra l’altro ho presentato la Sua tesi sulla strage di Bologna (quella del libro Strage) in altre sedi facendomi bello (ma dichiarando che non l’avevo concepita io)
Cordialmente
E’ bello che ognuno resti della propria opinione, dopo aver sentito quella degli altri. Quanto alla mia tesi sulla Strage, la usi pure. Chissà che un giorno non scopriamo che è andata vicino alla realtà. In tal caso saremo felici in due: lei e io.
Un ciao e buna lettura, qualunque libri stia leggendo.
macchia
PS. Un saluto a sua moglie, che è d’accordo ANCHE con me.
lor.
Buongiorno Loriano,
È bellissimo leggere i tuoi romanzi, sono arrivato a te tardi e mi scuso; divoro gialli italiani giornalmente, ho letto diversi altri autori prima di te.
Ora però recupero, i miei complimenti più sinceri, leggere di Antonio mi fa sentire … sergente.
Ps li ho letti con un ordine -a caso- oggi invece inizierò: Le piste dell’attentato.
Un abbraccio
Gianluca
Tieni conto, caro Gianluca, che “Le piste dell’attentato” l’ho scritto nel 1974. E ancora in libreria!
Comunque, buona lettura.
macchia
Caro Loriano,
Mi chiamo Giovanni ti scrivo perché vorrei raccontarti come ho conosciuto i tuoi racconti.
Un qualunque sabato pomeriggio di Luglio decido con mia moglie e i due figli di andare a fare un giretto da qualche parte.
Dai sarà un caso ma qualche parte diventò Porretta Terme dove decidiamo di fare una tranquilla e rinfrescante passeggiata.
Dopo poco vicino al ponte del fiume quello alto alto vicino alla stazione dei treni ci fermiamo davanti ad una comune cartoleria/libreria dove all’esterno presentava carrelli colmi di libri e riviste.
Dico allora ai ragazzi di scegliermi un romanzo o altro da leggere ed ecco che dopo pochi secondi compare tra le mie mani un libro, leggo la trama e rimango affascinato …
Parlava della Rocca M.
Rientrati comincio a leggerlo e in poco tempo lo divoro.
Complimenti ora mi sto divertendo con: Sui colli all’alba.
Un caro saluto
Giovanni, un abbraccio ai tuoi ragazzi per la loro scelta. E grazie a te per leggermi.
loriano
PS. Se le mie storie continueranno a piacerti, di romanzi da leggere ne avrai parecchi.
lor.
Grazie per tutto quello che hai scritto. Già perdonato e potrai recuperare il ritardo. Ciao.
loriano
Loriano, ho cominciato da poco a leggere i tuoi racconti. Sono stato stregato dalle vicende del sergente SARTI.Stregato è poco, sono pazzo della tua scrittura e dei tuoi racconti ironici, commoventi, impegnati. Grazie e perdonami di averti letto così tardi
Buongiorno signor Macchiavelli,
ho conosciuto per la prima volta Sarti Antonio, sergente, all’età di sedici anni. A diciannove, come molti ragazzi del sud, sono diventato una matricola fuorisede al nord, a Bologna. La Bologna che avevo conosciuto attraverso gli occhi di Pazienza, di Brizzi e, non ultimo, Lei. Divenne un naturale gioco cercare i luoghi del ‘nostro’ (esagero?) questurino, togliere all’immaginazione il predominio di quelle strade lette e stralette: cercare la casa di Rosas, sorridere passando da porta Mascarella di notte sui viali o immaginare Cantoni e la sua auto ventotto passando vicino la questura. Oggi, a venticinque anni, non vivo più all’ombra delle torri e ho ripreso in mano il vecchio e caro Sarti, per ritrovare i portici, il porfido e la nebbia di quella che è stata casa.
Tutto questo sproloquio per ringraziarla, non solo per le splendide letture, ma anche per il riportarmi lì ogni volta.
Saluti,
Andrea
Buongiorno a te, Andrea. E grazie. Anche da parte del mio (nostro) questurino. Mi fa piacere avvertirti che il vecchio e caro Sarti Antonio, sergente, in questi giorni sta vivendo, sul mio computer, per il momento. un’altra storia in parte a Bologna e in parte…
Be’, chi vivrà vedrà. Meglio: chi leggerà saprà.
Ciao da Bologna.
loriano
Buongiorno signor Macchiavelli 🙂
Vorrei presentarmi.
Sono di Danimarca dove studio italianistica all’Università di Copenaghen (fra un mese mi laureo).
L’anno scorso ho avuto un corso (di livello LM) sul nuovo giallo italiano in cui ho fatto la conoscenza di Sarti Antonio ed ‘il suo padre’ 🙂
È stato amore a prima vista per me!
Nel 2013-2014 ho fatto l’Erasmus a Bologna quindi mi ho sentito già a casa in questa bellissima città prima di leggere i tuoi gialli, ma dopo averli letto è un po’ come “tornare a casa”.
Mi piace molto il tuo modo di scrivere questa serie, l’aspetto metanarrativo e l’umorismo che si legge in ogni pagina nel rapporto tra Sarti ed il narratore.
Infatti sono stati questi due temi che ho esaminato io nel corso universitario sul nuovo giallo italiano (gli altri studenti hanno lavorato con Carofiglio, Carlotto e Lucarelli):
‘La rappresentazione di Bologna’ nei tuoi libri (più specificamente in Cos’è accaduto alla signora perbene ed I sotterranei di Bologna) e poi ‘Il narratore nel mondo di Sarti Antonio’ (più specificamente in Ombre sotto i portici, Fiori alla memoria e Stop per Sarti Antonio).
Sei veramente uno dei miei autori italiani preferiti.
Grazie per la lettura!
Saluti,
Helene
E’ bello ricevere lettere come la tua, carissima Helene, e mi fa piacere metterle a disposizione di chi frequenta il sito. Non per vanità, ma per condividere le opinioni. Lo farò anche con la lettera di Francesca arrivata quasi contemporaneamente alla tua e che, come la tua, scrive di avere appena conosciuto Sarti Antonio, sergente. La trovi sotto l’articolo “L’Archivista, sprezzante come sempre, è in libreria”.
Pensa: scrivo di Sarti Antonio dal 1974 e ancora c’è chi gli vuole bene.
In bocca al lupo per la laurea.
loriano