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Questa sezione è dedicata alle notizie su Loriano Macchiavelli, oltre a segnalazioni, idee, progetti scritti di suo pugno. Seguitelo.

DESOLATAMENTE VUOTO

è questo luogo d’incontro con gli amici lettori. Mia è la responsabilità e, a parziale discolpa, invoco i tempi duri che stiamo attraversando tutti. E per tutti intendo l’intera umanità e generi affini.
Avevo sognato, per la mia vecchiaia, due poltrone davanti al camino acceso, in quel del Termine, a Montombraro. Sulla poltrona più vicina alla fiamma, il sottoscritto con un libro fra le mani. Sto leggendo alcune pagine del Don Chisciotte. Sulla seconda poltrona, Don Chisciotte in persona. Anche lui immerso nella lettura del suo autore preferito: Cide Hamete Benengeli.

Niente camino e niente Don Chisciotte. Solo il mondo che si riprende la sua attività preferita, la guerra.
È tornato il tempo di riprendere anche noi le armi. Le nostre armi, che sono le parole, i concetti, la scrittura e, più difficile, molto, la ricerca della verità in un mare di menzogne.
loriano

La Balla dalle scarpe di ferro

1870. Bologna è preda delle Balle, le libere associazioni di autodifesa e mutuo soccorso del popolo. Vivono ai margini e contro la legge, sono spesso delinquenziali. La piú temuta e pericolosa è la Balla dalle scarpe di ferro: nata dopo l’Unità d’Italia, si è specializzata in furti e omicidi, molti dei quali concepiti e compiuti per fini politici. A riportare ordine in città, arriva dalla Sardegna il questore Felice Pinna, che mette su una squadra speciale: una rete di infiltrati nelle diverse Balle del territorio. Ma il suo piano è ostacolato da una violenza inaudita e da una serie di oscure manovre. Con la sua scrittura acuta e trascinante, Loriano Macchiavelli racconta un Regno d’Italia che tanto somiglia, per i suoi intrighi e le sue macchinazioni, al Paese che conosciamo.

«I romanzi sono come le persone. Come le persone nascono sotto una buona o cattiva stella e, sempre come le persone, muoiono dopo una vita lunga o breve, felice o tribolata. Non tutti, per nostra fortuna. I giganti di carta resistono al tempo. La Balla dalle scarpe di ferro è nato sotto una buona stella, ha avuto una vita accidentata, ma non vuole morire».
Loriano Macchiavelli

Una vita spesso corta e di sicuro sempre tribolata aspetta la Bologna del popolino, nella seconda metà del XIX secolo. Grandi cambiamenti: il papato e gli austriaci hanno dovuto lasciare Bologna a Casa Savoia. La vita quotidiana dei figli del popolo cambia poco, però, sempre alla ricerca di un lavoro a chiamata per dar da mangiare ai figli o di qualche moneta extra per bere e giocare a carte. Anche a costo di prenderli a chi ne ha di più.
Ma la Legge e l’Ordine devono sempre trionfare. Così il nuovo prefetto, catapultato dalla lontana Sardegna, cerca di organizzare le contromisure, in una situazione che sembra sfuggire di mano da un momento all’altro.
Ex garibaldini ed ex combattenti della Repubblica Romana – gente tosta, comunque – cercano di ribellarsi ai traffici che i notabili della città organizzano ai loro danni, mentre si riposizionano al fianco dei nuovi padroni. Ogni sotterfugio, ogni crimine è lecito, quando “la Forza” pubblica ti sta col fiato sul collo e cerca con ogni mezzo – spesso illecito (che novità!) – di spedirti in galera o di toglierti definitivamente dalla circolazione.
E che dire delle donne? Coraggiose, scaltre, instancabili lavoratrici, ribelli, all’occorrenza trafficone e a tratti lascive, cogliendo al volo l’amore e il sesso, quando se ne presenta l’occasione (alcune pagine sono decisamente “a luci rosse”…).
Di certo non sono da meno dei loro amanti o mariti, nel favorire o nell’organizzare ogni sorta di traffico. Tra le varie “Balle” formatesi in quel contesto di semi-anarchia, la Balla dalle scarpe di ferro o del Centro città saprà trovare strade (contorte) per qualche momentanea rivincita?
Poi perché definirla “…dalle scarpe di ferro”? Nel romanzo troverete la risposta. Oltre a molte altre cose che vengono alla luce grazie alle meticolose ricerche e alla penna irriverente di Loriano.
F.Z.

EFFETTI DELLA CALURA

Sarà il caldo di un’estate torrida anche al Termine a farmi sragionare di un passato che mi (ci riguarda). Ecco il risultato. Il brano è lungo, lo so, ma se non ve la sentite, lasciate perdere subito: non leggete neppure la prima riga, qui sotto.

Il passato comincia così:
Nel 1972, assieme agli amici del GTV, giravamo l’Italia portando in teatro il mio testo “Voglio dirvi di un popolo che sfida la morte”. La regia era di Luciano Leonesi. Ricordo ancora la commozione degli spettatori (e la nostra) durante la recita e dopo, quando venivano a chiedere altre notizie oltre a quelle che avevamo dato nello spettacolo.
Avevamo portato in teatro il dramma della Palestina che in quegli anni era sconosciuto ai più. Eppure nel 1948 c’era già stato il massacro di Deir Yassin e di Kafr Qasem e nel 1982 sarebbe arrivato il settembre nero di Sabra e Shatila.
Siamo stati i primi in Italia a portare il dramma dei palestinesi in palcoscenico. Nello stesso anno Dario Fo recitava “Fedayn – La rivoluzione Palestinese attraverso la sua cultura ed i suoi canti”.
Dario Fo venne vedere le nostre prove al teatro Sanleonardo di Bologna e a darci dei preziosi consigli dei quali Luciano Leonesi tenne conto nella sua regia.
Prima di andarsene, disegnò una bellissima locandina che utilizzammo per tutte le repliche. La conservo nell’archivio del mio passato.
Ho appena riletto il testo e mi sono accorto di quanto, già allora, eravamo vicini alla realtà del problema palestinese.
Quello che avevo scritto nel 1971 potrebbe essere stato scritto oggi. Con una sola ignobile, vergognosa differenza: la falsa realtà che hanno costruito attorno al problema, è andata molto oltre la mia. Non ha più remore, quelle remore che ci eravamo illusi non dovessero essere superate.
Alcune frasi inserite nel testo nel lontano 1972, suonano oggi come una triste profezia: “…un’operazione colonialistica ben programmata …per preparare il terreno idoneo al crimine finale. E questo grazie anche all’assenteismo di tutto il mondo…” O anche: I palestinesi oggi vivono la loro duplice tragedia di sangue e di crimine…” O ancora: “In base a questa legge posso farti giudicare da un tribunale militare e farti ritirare il permesso di lavoro. In base a questa legge e per la sicurezza dello stato, posso toglierti tutto…”
Il verso di una poesia ipotizza nel 1972 come sarà il nostro comportamento, a distanza di cinquant’anni, alle notizie che oggi ci arrivano dal luogo di un massacro: Uomini! Sentite la radio? Ascoltate le notizie? Capite ciò che udite?

A rileggerlo oggi, quel testo, a distanza di anni che sono diventati secoli, mi sono reso conto di quanta ingenuità erano nutriti i nostri ideali. Meglio, di quanta ignoranza, nel senso di mancata conoscenza dell’ideologia del nemico, c’era nella nostra presunta cultura di sinistra. Come facevamo a credere veramente che il nemico avrebbe rinunciato alle sue vittorie e alle sue conquiste semplicemente perché noi urlavamo slogan come La rivoluzione di popolo non può mai essere sconfitta? O come Vietnam, Indocina, Cambogia e poi tutto il mondo! Guerra di popolo fino alla vittoria! O ancora Le masse arabe combattono al fianco dei fedayn…”
Non esiste rivoluzione di popolo, non esistono masse.
La vittoria c’è stata e continua oggi: è la vittoria di chi non ha ideali, di chi non si ferma a piangere i morti perché, comunque, non sono e non saranno mai i suoi morti; di chi ha più spazio per convincere gli altri delle proprie ragioni e armi vere che lo aiutano nell’opera di convinzione.
Noi, e tutti quelli come noi, ieri avevamo un palco, dei mitra di legno e spettatori ad ogni replica che non avevano bisogno di essere convinti. Conoscevano il nostro linguaggio e lo condividevano. Oggi non abbiamo neppure quelli. E i mitra di legno sono marciti in qualche scantinato di teatro.
macchia,
in crisi d’identità.

SCRIVERE ROMANZI

Nel film The old oak (2023) Ken Loach sin dalle prime immagini ci fa riflettere sul ruolo del documento che si fa memoria. (Recensione di Giancarlo Zappoli, sabato 27 maggio 2023).
Io vorrei che i lettori riflettessero sul ruolo del romanzo che si fa memoria e che ipotizza un futuro. Quasi sempre in contrasto con il futuro al quale aspira la parte di umanità ancora in grado di riflettere su un possibile futuro.
Sono presuntuoso?
macchia

PS. In questo senso consiglio ai miei 27 lettori la visione di un frammento di intervista dal titolo è stato il maggiordomo:
www.youtube.com/watch?v=adGba_4CIOE.
Non dura molto, ma racconta il mio “perché scrivere romanzi”.
E lo giustifica?
macchia

Bologne, mio amore

LE CHEMIN DE FER CRÉE UNE NOUVELLE COLLECTION DE ROMANS NOIRS.

OÙ L’ON RETROUVE LE TRUCULENT ITALIEN LORIANO MACCHIAVELLI ET SON PERSONNAGE FÉTICHE, LE SERGENT SARTI ANTONIO.

C‘est un type ordinaire qui a toujours l’air d’être dans <<le coaltar>>. Un peu gris, un peu chiffonné – fatigué. Son chef le houspille sans cesse. Lui, il bougonne et n’en fait qu’à sa tête. Quand il est vraiment préoccupé, il parle tout seul à voix haute. Il a aussi les intestins capricieux, parfois, en plein boum, il doit se réfugier fissa aux petits coins. Il maudit sa ville, Bologne. il maudit l’Italie et la terre entière, la corruption et tutti quanti mais ça ne change rien. <<Parfois, Sarti raisonne comme un vrai beauf>> écrit Loriano Macchiavelli, qui, coquin ou… un brin machiavélique (!), s’amuse à en rajouter et c’est sa marque de fabrique. L’écrivain italien intervient dans la narration, houspille son personnage, l’apostrophe, le malmène et ce depuis cinquante ans et quelques dizaines de romans.
  Les Jours de la peur, publié en 1974 en Italie, est le premier roman de Loriano Macchiavelli mettant en scène son personnage fétiche, le sergent Sarti Antonio. Un demi-siècle plus tard, toujours bon pied bon œil, il prouve que le roman noir excelle à raconter le monde <<La violence, la pègre et la politicaillerie d’un pays qui n’a honte de rien>>.
 Les éditions du Chemin de fer sont tombées en amour avec Macchiavelli au point de créer une collection de romans noirs. Ce roman noir, celui qui s’empare de la politique, fouille la société, la met á nu, la critique, ose poser des questions. Trois autres romans également traduit par l’excellent Laurent Lombard avaient trouvé place chez Métailié*, puis, plus rien. Revoilà donc l’antihéros, l’homme patraque, le solitaire, le mal aimé, dans une Italie tourmentée, déchirée, celle des <<années de plomb>>. Sarti se débat dans Bologne dite la rouge en raison de san ancrage jadis communiste, mais aussi ville théâtre d’affrontements gauche/droite, ensanglantée par de nombreux attentats dont le plus célèbre perpétré par les fascistes en 1980, á la gare, bilan: 85 morts. Le fIic au grand cœur se rend malade de voir sa ville sombrer. Il s’échine, s’arc-boute, on aurait pu écrire résiste. Alors que le centre de transmission de l’armée saute en pleine nuit faisant quatre mort, Sarti croise pour son enquête tout un monde interlope, celui des malfrats, des journalistes menteurs, des bras cassés, des filles de joie, et même des révolutionnaires. Il consulte Rosas, l’intello de gauche forcément en taule, qui, à coup de Lénine et de Maïakovski, l’aide á réfléchir. L’humour et la tendresse habillent les aventures de Sarti et font de Bologne un personnage à part entière comme quelques années plus tard le sera la Marseille de Fabio Montale, double de Jean-Claude Izzo.
Dans une courte préface, Loriano Macchiavelli, 90 ans, souhaite bon vent à son compagnon qui va rejoindre en France les personnages de Jean-Claude et Jean-Patrick (Manchette): <<Ne sois pas plouc. Leurs personnages ne sont pas meilleurs que toi e tu ne vaux pas moins qu’eux. Ils ont juste eu la chance d’etre nés en France et toi la malchance d’être né en Italie. El qui plus est, comble de la poisse, à Bologne>>. Avanti !

Martine LavaI

*Chez Métailié : Derrière le paravent; Bologne ville à vendre ; Les Souterrains de Bologne

Les Jours de la peur, de Loriano Macchiavelli, traduit de l’italien par Laurent Lombard, Le Chemin de fer, 188 pages, 19 €

Articolo apparso sulla rivista letteraria “Le matricule des anges” – 2024