Chiedo scusa ai miei 26 lettori, ma quest’anno il 25 aprile lo dedico a Rigo, un uomo straordinario che ricordo con affetto e rimpianto. Rimpianto per non aver avuto abbastanza tempo per parlare con lui, di lui e della Resistenza. Ai lettori dedico un brano tratto da Tango e gli altri, romanzo di una raffica, anzi tre, di Francesco Guccini e Loriano Macchiavelli. Dedico pure due versioni di Bella ciao. Una cantata da Yves Montand e la seconda cantata da Francesco Guccini aggiornata ai tempi di virus che stiamo vivendo. Le troverete alla fine del brano, qui sotto. Segnalo che il romanzo da cui è tratto il brano sarà distribuito in edicola a partire dal Primo maggio, assieme al giornale la Repubblica.
La porta su retro non è chiusa a chiave e mette in un corridoio ingombro di casse, scatoloni, bottiglie di vino e bibite, vuote e piene e finisce contro un’altra porta. Anche questa non chiusa a chiave. «Si sentono tranquilli» mormora Santovito. E entra. «Buonasera a tutta la compagnia» dice a voce alta. I presenti, sorpresi, si girano a guardare i due marescialli. Sono seduti attorno a tavolini messi a formare una lunga tavola e il locale è avvolto nel fumo di sigari e sigarette e sui piani ci sono posacenere per tutti, bicchieri e un fiasco di vino. Lepre si alza di scatto ma il gesto di Santovito lo ferma. «Che c’è, Lepre» dice Santovito. «Non ti piacciono le visite di cortesia? Sono qui per salutare quelli della Garibaldi.» A capotavola siede uno, più giovane degli altri, distinto, elegante, che dice, tranquillo: «A nessuno di noi piacciono certe improvvisate, maresciallo. Ora vorremmo sapere se ha l’autorizzazione per irrompere e soprattutto il motivo». Santovito si gira a guardarlo. «Ma certo, ecco Bill, al secolo il giovane avvocato Guglielmo Borghetti Strozzi. Be’, intanto irrompere è una parola grossa. Lei è avvocato e quindi dovrebbe sapere che in certi casi non c’è bisogno di autorizzazione. Per cosa, poi? Per entrare in un bar, anche se è chiuso?» Va alla saracinesca e grida: «Furci, raggiungici dentro!» Poi si avvicina alla tavolata. «Parliamo d’altro. Abbiamo già avuto il piacere di incontrarci, in tempo di guerra? Sì, mi sembra di sì. Io ero con il povero Musone, su, al caniccio d’Edgarda.» Guarda in giro. «Poi conosco Lepre, Remo, Autiere…» Punta uno che se ne sta a capo chino e tira in una sigaretta fatta a mano, disinteressato agli eventi. «Ma tu… tu, per esempio, non mi sembra…» «Io sono Ennio, Legno nella Resistenza.» Sorride. «Sa, mi chiamo Ennio, da qui l’Ennio, L’Egno, Legno. Facile, no? Anche perché faccio il falegname.» Entra Furci, dà un’occhiata attorno e dice: «Tutto in ordine, bene». Entra anche il carabiniere Zanetti che subito ha un attacco di tosse per il fumo. Santovito gli ordina: «Zanetti, vedi che non abbiano armi.» Il carabiniere comincia con il più vicino. Poi viene la donna e non sa dove mettere le mani. «Lascia perdere la signora» dice Santovito. «E speriamo che lo sia.» Uno, grande e grosso che ha appena finito di bere e si è asciugato le labbra con la manica, posa con forza il bicchiere, guarda dritto in faccia Santovito e fa, con ira: «Si può sapere cosa vuoi da noi, maresciallo? Altro che Legno o Ennio e Bill e Lepre e un cazzo che t’ammazza!». «Ma che maresciallo e maresciallo. Oggi qui per voi sono Salerno della Matteotti, tanto per chiarire. E tu chi sei?» «Lo sai, ci siamo incontrati. Ballerina, te lo ricordi? Ti ho anche tirato fuori dai guai, assieme al tuo Musone. E ti ricordi cosa t’ho detto quel giorno?» «Ne hai dette tante…» «Ti rinfresco io la memoria. T’ho detto “«Maresciallo, noi non ci fidiamo di nessuno. Dei carabinieri meno di tutti”, t’ho detto, e mi sa che ci avevo ragione.» «Ballerina, già. Suppongo per quel tipo di bomba a mano, non certo per la tua abilità nella danza, a vederti. Non offenderti, ma allora eri più magro» e per non continuare un dialogo inutile, si gira alla donna. «Poi abbiamo una signora. Dall’età direi che allora era una staffetta…» La donna non apre bocca. Lo fa Bill: «Basta con le chiacchiere, maresciallo. O Salerno, come preferisce. Noi ci siamo riuniti qui perché le sue indagini stanno sollevando un polverone che non ci piace. E non ci sembra il caso, o il momento giusto. C’è gente in giro interessata per vari motivi, soprattutto politici, a denigrare quello che abbiamo fatto. La Resistenza, se non mi sono spiegato bene». «Si è spiegato, si è spiegato, avvocato.» «E allora continuo a spiegarmi: se l’Italia ha avuto libertà e una Costituzione democratica, lo deve anche a noi e ai nostri morti. Loro, i fascisti, erano nel torto e noi nella ragione. Anche se oggi come oggi certe speranze d’allora sono rimaste…» Con la destra fa un gesto nell’aria a significare qualcosa volato via. «Vogliamo parlare del governo Tambroni, governo con i fascisti che ci eravamo illusi di aver cacciato fuori dall’Italia? Vogliamo parlare dei morti di Reggio Emilia? Mi dica una cosa, maresciallo: qualche suo collega sta indagando per trovare chi ha ammazzati quei disgraziati e i mandanti? Tutti operai e alcuni di loro forse avevano fatto la Resistenza!» Santovito ha chinato il capo e cerca una risposta. Dice: «Io sono stato in caricato di indagare sulla strage delle Piane». «Una risposta che non risponde. Voglio farle una domanda: lei da che parte sta? Sì, era nella Matteotti, ma oggi? A cosa serve, o a chi, tutta la, diciamo, agitazione che sta provocando?» «Prima di tutto alla verità. Poi, non dubiti, avvocato, io sono sempre quello d’allora, anzi, ci ho messo sopra un poco più di maturità e di coscienza politica. Ma una serie di circostanze, o di informazioni, se preferisce, mi stanno a dimostrare che il partigiano Bob era innocente» e, al brusio che si è sollevato attorno, guarda tutti. «Sissignori, il massacro delle Piane non l’ha fatto lui e qui c’è qualcuno che lo sa ma se l’è tenuto per sé.» Torna a Bill, il più agguerrito. «Questo non c’entra con la Resistenza, avvocato. Anzi, scoprire la verità vorrebbe dire rendere onore, visto che nessuno può restituirgli la vita, al povero Bob. E vuol anche dire che noi, che nella Resistenza eravamo, non abbiamo paura della verità e aggiungerebbe più valore alla nostra lotta d’allora.» Fa una pausa e poi conclude la sua tirata: «Può sembrare retorica, ma è solo la verità e, se non sbaglio, qualcuno ha detto che la verità è rivoluzionaria». Nel silenzio di tutti, Santovito versa vino nel primo bicchiere a portata di mano e manda giù un sorso.
Ecco le due versioni di Bella ciao.
Yves Montand:
…e la versione in video personalizzata da Francesco Guccini:
dovuti all’inedia da virus. Non ho mai avuto molta fiducia nei 5 stelle. Ritenevo, e ritengo ancora, che la democrazia attraverso internet non sia matura e nelle pieghe del web si nascondano le insidie per l’insaturazione di un sistema nel quale sia possibile intervenire sulle coscienze non ancora consapevoli delle potenzialità illusorie del sistema. Tuttavia… Mi piace usare tuttavia. Tuttavia, l’avvocato Giuseppe Conte, capo del governo, si sta dimostrando una delle personalità più equilibrate, consapevoli e capaci fra i politici in circolazione e ci metto dentro pure quelli tolti dalla circolazione per anzianità di servizio o per decisione della Magistratura. E capisco, capisco perfettamente perché, qualunque cosa decida, qualunque proposta formuli, qualunque linea politica intenda perseguire, sia censurato, per non dire maltrattato, e con un astio (che significa cattiveria, livore, rancore…) inconsueto, dai vecchi sostenitori dei poteri passati: costui, arrivato da chissà dove, rappresenta il cambiamento, appena accennato, pensate un po’, rispetto a vecchi equilibri politici e del malaffare. In prima linea per questa battaglia contro, ovviamente, la vecchia politica e, subito dopo, come poderoso e agguerrito rinforzo, l’informazione: dai giornali che fanno opinione, alla televisione, dalla radio, ai social network… Strumenti che rappresentano e hanno sempre difeso il vecchio equilibrio che assicurava loro il potere. Illusorio, naturalmente, perché il potere, quello vero, che conta e che può fare o disfare il mondo, sta altrove. Crepi il virus.
Ho trovato questo commento al mio intervento Guerrepidemie, più sotto: Buongiorno Sig. Macchiavelli, dopo aver letto questa news ho la conferma che Lei non scrive troppo, anzi! Sono questi pseudo “economisti” che parlano troppo e non fanno il loro mestiere (quale sarebbe il loro mestiere?). Grazie. Grazie a te, caro lettore Fabrizio. Gli economisti fanno il loro mestiere e lo fanno piuttosto bene. Lo deduco dal significato che il vocabolario Treccani dà alla parola “economia”: Uso razionale del denaro e di qualsiasi mezzo limitato, che mira a ottenere il massimo vantaggio a parità di dispendio o lo stesso risultato col minimo dispendio… A me pare sia proprio questo che stanno facendo i signori economisti: ottenere il massimo vantaggio con minor dispendio. Il problema è che il massimo vantaggio è solo per loro. Noi, che siamo poveri ingenui, crediamo ancora che “economia” abbia l’antico, amato significato e di “parsimonia”. Per quelli come me e come te, caro lettore, “fare economia” significava spendere il meno possibile. Poi qualche genio… Diciamoci la verità, bisogna essere dei geni per far credere al prossimo che fare economia significhi fare il bene comune e non gabbare chi è più sprovveduto. Poi qualche genio ha pensato bene di comportarsi economicamente e cioè unire alla parsimonia un vantaggio il più alto possibile. Si chiama principio economico. Buon Natale a tutti. Macchia
La Fed, la banca centrale, promette di creare denaro come per magia ma negli uffici di JP Morgan Stanley si fanno già previsioni apocalittiche sui prossimi mesi, con un’economia sostanzialmente colpita da infarto e una disoccupazione che potrebbe salire al 10%, al 20%, forse al 30%, superando i limiti raggiunti nel 1930 durante la Grande depressione. L’alternativa sarebbe rinunciare a drastiche misure di contenimento dell’epidemia e accettare decine di migliaia, probabilmente centinaia di migliaia di morti. Sembra impossibile ma è così: di fronte al Covid-19 il neoliberismo offre queste due alternative. Del resto, i milionari sembrano considerare il loro destino e quello delle loro famiglie come indipendenti dai destini delle società da cui estraggono le loro ricchezze: resta da capire se il sistema politico potrà reggere senza andare verso la disintegrazione o una qualche forma di brutale dittatura. (Da Il Titanic del capitano Trump, di Fabrizio Tonello – MicroMega)
La mia convinzione è che dovremo passare dalla seconda opzione. Se non ricordo male capitan Trump (mi raccomando, con la u italiana che dà maggiormente il senso dell’onomatopia) ha già avvertito i suoi elettori: saranno costretti a piangere centinaia di migliaia di morti. Più o meno era il senso delle sue parole. D’altra parte, cosa sono le migliaia di massacrati da guerre in paesi sparsi qua e là per il mondo? Epidemie progettate e pilotate dall’economia. E non c’è vaccino che possa proteggerci dalle prossime. Guerrepidemie!
Sito ufficiale di Loriano Macchiavelli, scrittore
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